Se c’è un modo per sconvolgere i sensi e il buonsenso di ogni giocatore nerd amante dei gatti, Edmund McMillen lo ha trovato. E lo ha chiamato Mewgenics. Immaginate un trailer che inizia con micetti impegnati in attività poco ortodosse, magari un numero musicale grottesco e qualche battuta che strizza l’occhio al peggior umorismo scatologico. E poi, d’improvviso, vi rendete conto che tutto questo ha senso. Perché dietro c’è la mente di Super Meat Boy e The Binding of Isaac, due titoli diventati cult proprio per la loro capacità di trasformare il grottesco in arte videoludica.
Mewgenics non è semplicemente un gioco. È una chimera tra strategia a turni, roguelike, simulazione di vita e follia genetica felina. Un ibrido impensabile tra Pokémon, The Sims e un esperimento scientifico andato male, dove i protagonisti sono gatti armati fino ai denti e afflitti da malattie degenerative. Eppure, ogni assurdità è perfettamente orchestrata da McMillen e dal co-sviluppatore Tyler Glaiel, con cui aveva già lavorato su The End Is Nigh.
L’epopea di Mewgenics è cominciata nel lontano 2012, quando fu annunciato da Team Meat come successore spirituale di Super Meat Boy. Quella versione originaria era profondamente diversa: una sorta di Tamagotchi infernale, con combattimenti a turni in arene, gatti partecipanti a gare di bellezza o congelati in criostasi, e un’anima da simulazione gestionale. L’ambizione era tanta, forse troppa. Dopo essere stata presentata senza essere giocabile al PAX Prime 2013 e poi mostrata in forma demo a PAX East 2014, la produzione collassò su sé stessa. Il gioco venne ufficialmente cancellato nel 2016, mentre McMillen e Tommy Refenes, le due anime di Team Meat, prendevano strade differenti.
Ma le buone idee non muoiono mai. Nel 2018 McMillen ottiene i diritti completi su Mewgenics (senza trattino) e riparte da zero insieme a Glaiel. Dopo svariati prototipi e test di gameplay – tra cui brawler e strategia in tempo reale, scartati perché troppo caotici – nasce la versione definitiva: un GDR tattico a turni con una visuale isometrica, impregnato di umorismo nero, genetica bizzarra e tanto amore (contorto) per i gatti.
Il gameplay si divide in due fasi principali. Nella prima, il giocatore controlla una squadra di quattro gatti, ciascuno con una propria classe – cacciatore, mago, guaritore e così via – dotati di statistiche, abilità passive e attive, riserve di mana e persino abiti e accessori che influiscono sulle performance. Le battaglie si svolgono su griglie generate proceduralmente, con un forte influsso ambientale: il meteo e la vegetazione non sono semplici scenari, ma elementi tattici fondamentali. Quando un gatto viene messo KO, non esce dalla battaglia ma resta sul campo, potenzialmente soggetto a effetti devastanti come danni cerebrali permanenti o morte se colpito ulteriormente. La posta in gioco è alta: perdere un gatto significa anche dire addio ai suoi oggetti, magari unici e irripetibili.
Dopo il combattimento arriva il cuore pulsante (e geneticamente instabile) del gioco: l’allevamento. I gatti sopravvissuti tornano alla base, dove possono accoppiarsi tra loro. Da qui nasce una nuova generazione di felini, ciascuno con tratti ereditari che possono rivelarsi sia vantaggiosi che problematici. L’incesto genetico, ad esempio, dà luogo a mutazioni e difetti, mentre il passare del tempo simula l’invecchiamento, portando inevitabilmente alla morte dei membri più anziani del gruppo. Una sorta di microcosmo darwiniano governato dal caos.
Il ciclo di vita, morte e mutazione non è solo parte del gameplay: è la vera filosofia dietro Mewgenics. Il giocatore non controlla semplicemente un party, ma un intero lignaggio, una dinastia felina plasmata attraverso generazioni di battaglie, perdite e scelte discutibili. Ogni run influenza la successiva, ogni morte ha un peso. È un gioco che costringe a pensare a lungo termine, ma con l’imprevedibilità brutale del caso.
La nuova versione di Mewgenics è prevista per il 2025 su Steam, come annunciato nel 2022 con l’apertura della pagina ufficiale. E anche se l’attesa è lunga, il progetto è finalmente uscito dal limbo creativo in cui era rimasto per quasi un decennio. Per McMillen, questo è il progetto più ambizioso e personale mai affrontato. Un’opera mutante che evolve a ogni partita, dove l’amore per i gatti si intreccia con il sadismo meccanico tipico del suo autore.
Chiunque abbia apprezzato la profondità strategica di XCOM, la rigiocabilità ossessiva di The Binding of Isaac e l’umorismo disturbante di South Park, troverà in Mewgenics un gioco capace di far miagolare di gioia – e forse anche di disperazione. Perché in questo regno di coda, artigli e follia, nulla è sacro. Nemmeno un tenero micio.
L’articolo Mewgenics: il ritorno dell’incubo felino targato Edmund McMillen proviene da CorriereNerd.it.